PSG-Botafogo, una lezione per l’Inter: così si affrontano le finali

Il primo tempo del match amichevole mostra l’atteggiamento giusto che i nerazzurri avrebbero dovuto avere nella notte più importante della stagione.

Un esempio da seguire

Botafogo chiude il primo tempo in vantaggio contro il PSG, nonostante la differenza tecnica.
E lo fa con un atteggiamento chiaro: pressing alto, difesa attiva e ripartenze feroci.

Nessuna attesa passiva.
Nessun timore reverenziale.
Solo coraggio, corsa e idee.

Un approccio che riporta alla mente ciò che l’Inter avrebbe dovuto fare nella finale di Champions.
Invece di restare schiacciata, bloccata e senza iniziativa, la squadra nerazzurra ha scelto di aspettare.
E così ha regalato campo e ritmo all’avversario, restando in balia degli eventi.

Difendere non significa subire

La prestazione del Botafogo dimostra che si può difendere bene anche correndo in avanti.
La linea difensiva non si è mai abbassata troppo.
Il centrocampo ha aggredito ogni pallone.
E in fase di non possesso, tutta la squadra si è mossa in maniera coordinata e reattiva.

Proprio quello che è mancato all’Inter in quella notte amara: movimento, compattezza e voglia di reagire.
Non basta stare lì, ordinati, a proteggere l’area.
Serve mettere pressione, costringere l’avversario all’errore e ripartire con decisione.

La rabbia che mancava

Il Botafogo ha mostrato fame, voglia di dimostrare.
L’Inter in finale sembrava invece frenata, come inibita dall’importanza dell’evento.
Eppure, con un pizzico di coraggio in più, il risultato sarebbe potuto essere diverso.

A volte non conta avere più qualità.
Conta come la usi.
E soprattutto conta come stai in campo: con cuore, testa e gambe.

Analisi in breve

Il primo tempo tra PSG e Botafogo è stato un promemoria tattico.
Si può difendere senza subire.
Si può rischiare senza perdere il controllo.
E si può sorprendere anche chi è più forte, se ci credi davvero.
L’Inter, in finale, ha sbagliato approccio.
E certe occasioni, quando le sprechi così, non tornano più.

💬 Stepk dice la sua:
Ho visto Botafogo fare quello che l’Inter avrebbe dovuto fare: correre, mordere, ribaltare l’azione.
Invece ci siamo chiusi come se bastasse stare fermi e aspettare un regalo.
Nelle finali non si aspetta.
Si attacca.
E si muore con onore, non nella passività.

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