Taranto, la “città dei due mari” con oltre duecentomila abitanti, vive di calcio, si dice. Eppure, nonostante la passione viscerale per la maglia rossoblù, la Serie A è rimasta un miraggio. Squadre come Juventus, Inter, Milan, Napoli e persino il Real Madrid hanno calcato il prato dello Iacovone solo per sporadiche gare di Coppa Italia o amichevoli di lusso.
Dalla Radiata alla Serie D: La Caduta di un Club Storico
La storia del club è un alternarsi di luci e ombre. Dopo decenni trascorsi tra Serie B e terza serie professionistica, l’incantesimo si ruppe il 31 luglio 1993. Con un debito di 11 miliardi di lire, la Taranto F.C. S.p.A. fu radiata dai campionati. La proposta dell’allora presidente Donato Carelli di un ripianamento graduale fu rifiutata dalla Federcalcio e, il 3 agosto, il club venne dichiarato fallito. Per la prima volta, il Taranto fu costretto a ripartire dalla Serie D.
Trent’anni di Alti e Bassi: Tra Dilettanti e Sogni Infranti
Da quel giorno sono passati 32 anni di fortune alterne e risultati spesso deludenti. Molti campionati sono stati trascorsi nell’inferno dei dilettanti, altri in Lega Pro. La Serie B, da allora, è rimasta un desiderio irrealizzato. Ai vertici della società si sono susseguite proprietà non sempre all’altezza, con una cronica mancanza di solidità economica e programmazione. Nei rari casi in cui imprenditori visionari hanno tentato di imporsi, l’ostracismo della politica cittadina e la reazione negativa di una parte dell’ambiente hanno spesso spento ogni entusiasmo.
Il Sogno Infranto di Luigi Blasi: Visione e Ostacoli Politici
Un esempio emblematico è quello di Luigi Blasi, immobiliarista e ambizioso imprenditore nel settore delle macchine agricole. Nel dicembre 2004, Blasi raccolse l’eredità di una situazione disperata lasciata da Ermanno Pieroni. Grazie al suo intervento, la società fu salvata dal fallimento, mantenne il professionismo con una rimonta insperata, salì di categoria l’anno successivo e sfiorò due volte la promozione in Serie B. Ma la sua visione andava oltre i semplici risultati sportivi.
Blasi era un “visionario”, determinato a garantire un futuro vincente al calcio tarantino. Fu il primo a intuire il potenziale di un impianto sportivo all’avanguardia per trasformare il club in una vera e propria “azienda calcio”. Propose all’allora sindaco Ezio Stefano la gestione straordinaria dello Stadio Iacovone. Le sue aziende avrebbero provveduto alle migliorie e gli ampi spazi della struttura sarebbero stati destinati ad attività commerciali, ricreative e del terziario. I corposi proventi, destinati alla holding del calcio, avrebbero garantito maggiore solvibilità e sostenibilità al club. La richiesta era di una concessione trentennale per ammortizzare i costi di ristrutturazione.

La risposta fu un secco “picche”. Ma Blasi non si arrese. Identificò un’area nella prima periferia della città per costruire una cittadella dello sport polifunzionale. Un progetto milionario che includeva un nuovo stadio coperto da 20.000 posti, foresteria, campi di allenamento, città giochi per bambini e un settore commerciale. Come “regalo” alla città, in cambio della variazione di destinazione d’uso del terreno, il Comune avrebbe ottenuto la costruzione di fabbricati per attività di pubblico interesse. Per facilitare l’accesso, sarebbe stata ristrutturata anche la stazione di Taranto Galeso, con creazione di posti di lavoro sia in fase di realizzazione che di manutenzione.
Questo ambizioso progetto fu presentato nuovamente al sindaco Stefano e all’assessore allo sport Alfredo Spalluto in una riunione nel Palazzo di Città, nel 2007/08, anno in cui il Taranto perse la Serie B nello spareggio playoff contro l’Ancona. Nonostante i complimenti ricevuti, non arrivò mai alcuna risposta ufficiale.
Deluso dall’immobilismo generale e vedendo preclusa ogni possibilità di crescita progressiva del club, Blasi decise di cedere il Taranto a D’Addario. Il resto, su come andò a finire, è storia nota. Oggi, Luigi Blasi, impegnato in altri settori, è, purtroppo, inutilmente rimpianto.